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Come dimostrare il danno psicologico a seguito di un errore di chirurgia estetica (Cass. Civ. sez. I

Depressione post operazione di chirurgia estetica? Per ottenerne il risarcimento, il danno psiciologico deve essere provato.

E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sezione III civile, nell'ordinanza n. 25109 del 24/10/2017.

Nella vicenda in esame, una donna aveva convenuto davanti al competente Tribunale sia la clinica che il chirurgo estetico, per i danni patrimoniali e non, da questi provocati a seguito di un intervento di chirurgia estetica, non completamente riuscito. Il Giudice di prime cure aveva condannato i convenuti a pagare, in via solidale, il risarcimento dei danni, mentre, successivamente, la Corte d’Appello adita, in accoglimento della domanda attorea, aveva condannato i medesimi a versare ulteriori somme, confermando nel resto la decisione appellata.

Avverso tale sentenza, la donna aveva proposto ricorso per cassazione, rilevando, in particolare, che i giudici del merito non avevano tenuto conto né del danno da perdita di chances, ovvero il venir meno della possibilità di svolgere la propria attività di modella per le lesioni permanenti subite, né del danno da malattia psichica di tipo depressivo. Secondo la ricorrente, sulla scorta delle risultanze probatorie, sussistevano elementi sufficienti per la Corte territoriale per quantificare il danno da perdita di chances ed il danno psicologico, ma tale valutazione è stata disattesa.

La Cassazione ha ritenuto prive di fondamento le censure sollevate, rilevando, in particolare, che permane "l'onere dell'attrice di fornire elementi obiettivi di valutazione dell'entità dei suoi guadagni all'epoca dei fatti di causa e dei suoi contatti e della sua introduzione nel mondo della moda al fine di consentire un giudizio prognostico sulla possibile perdite derivate dall'intervento chirurgico".

Orbene, la Corte d’Appello non ha considerato assolto tale onere probatorio, atteso che le prove acquisite non consentivano di ritenere provato il fatto che la ricorrente esercitasse in modo professionale l'attività di modella né venivano forniti elementi utili per la quantificazione dei compensi percepiti o altri riscontri obiettivi su detta professione.

Inoltre, i giudici di merito hanno escluso che la sussistenza delle tracce somatiche antiestetiche precludessero l'attività di modella di capi di abbigliamento con le modalità risultanti dalle fotografie in atti. Pertanto, la richiesta di risarcimento dei danni da perdita di chance, conseguenti ad un’operazione di chirurgia estetica non perfettamente riuscita, deve essere corredata da obiettivi elementi per consentire la valutazione dell’effettiva perdita economica e lavorativa che si assume esser stata determinata.

Per quanto riguarda la richiesta di risarcimento del danno per la "grave malattia psichica di tipo depressivo", che avrebbe compromesso la serenità della ricorrente, necessaria per affrontare la professione di modella, tale censura è infondata poiché la parte della consulenza d'ufficio relativa all'"esagerata e compulsiva attenzione al proprio aspetto fisico" è del tutto generica e non provata.

Secondo la Cassazione, dunque, la corte territoriale avrebbe valutato correttamente gli effetti e le conseguenze dell’operazione chirurgica sul piano del danno psicologico, in quanto tale malattia è andata scemando fino a stabilizzarsi su un piano di equilibrio, per un danno biologico complessivo del 15%. Anche, sotto tale aspetto, la Suprema Corte ha ritenuto appropriata la valutazione dei giudici d’appello poiché riferita a tutti i diversi profili del danno non patrimoniale, stimandoli complessivamente e nell'evoluzione del profilo psichico della patologia riscontrata.

Per tali ragioni, il ricorso è stato rigettato.

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